Differenze tra le versioni di "High Frequency Trading"

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Versione attuale delle 13:32, 26 feb 2015

"The code is the powerful engine that gives trading desks their competitive advantage over other
players in the market. If Wall Street trading desks have a proprietary model that allows
them to capture arbitrage opportunities based on “mispricings” between derivative
market prices and their theoretical model values, then if this code was
... readily available to all market participants, the model would be exploited by all
those using it, quickly eliminating the profit opportunity and removing the competitive
edge of the institution where it was developed."
J.London


L'High Frequency Trading o Trading ad alta frequenza, è la frontiera più avanzata del trading automatico. Si tratta, nella sostanza, di sistemi automatici che producono veloci e numerosi segnali di acquisto e vendita su diversi strumenti finanziari e che, a differenza dei trader intraday e degli scalper, sono in grado di fare anche migliaia di eseguiti al giorno su diversi mercati, ecco perchè sono chiamati sistemi ad alta frequenza.

Le sale operative che utilizzano L'High Frequency Trading pianificano le strategie e i sistemi con grande cura, ponendo una grande attenzione alla gestione del rischio. Ogni trade ha una velocità di esecuzione è impensabile: in meno di un secondo vengono incastrati ordini di acquisto e di vendita, ordini che generano volumi impressionanti.
Per limitare al massimo i ritardi, in gergo tecnico si dice per ottenere la latenza più bassa, gli High Frequency Trading System sono a volte ospitati nelle borse stesse per avere la certezza di una velocità elevatissima, questa pratica si chiama "co-location".

I sistemi di trading automatici ad alta frequenza di negoziazione possono essere molto redditizi e hanno, senza dubbio, trasformato radicalmente l'attività di trading degli scalper che ora si trovano un concorrente che, a differenza di loro, non si stanca mai, non si stressa e sopratutto rispetta gli stop!

Introduzione

Articolo a cura di Francesco Maria Pellegrini

L'High Frequency Trading (di seguito HFT) rappresenta il prodotto della fusione di due mondi, di due anime: quella finanziaria e quella della tecnologica più raffinata. Il punto di partenza è rappresentato dagli algoritmi informatici che -grazie ad un hardware e ad un software sempre più sofisticati- acquisiscono un'immensa mole di dati -provenienti dai mercati- in tempo reale, fornendo come output ordini di acquisto e/o di vendita di strumenti finanziari. Essi hanno quindi come input, prezzi, variazioni assolute e percentuali degli stessi su diversi time frames, news di mercato, market movers e come output, immissioni, modifiche e cancellazioni di ordini buy and/or sell. Dove vengono immessi questi ordini? Sulle piattaforme di negoziazione, dette trading venues.

Da un punto di vista meramente teorico, non bisogna confondere l'HFT con il Trading Algoritmico, poiché il primo è compreso nel secondo, vale a dire ne costituisce un sottoinsieme essendo possibile osservare anche un trading algoritmico non ad alta frequenza. Quali sono le caratteristiche che differenziano maggiormente l' HFT da quello algoritmico non HFT e da quello ordinario, magari retail? La più rilevante è sicuramente la low latency (bassa latenza), cioè il bassissimo (nell'ordine di qualche millesimo di secondo) lasso di tempo intercorrente tra l'acquisizione da parte dei calcolatori dei dati di input, la loro elaborazione e la produzione di una risposta, di un output consistente in un'immissione, modifica, cancellazione di ordini di acquisto/vendita.

Il ridottissimo tempo di risposta agli input, consente di realizzare migliaia di operazioni (fino a 5000) al secondo (output) in un contesto di costante raffinamento dei dati acquisiti in tempo reale,
volto ad adeguare le strategie operative all' incessante mutamento delle condizioni dei mercati. Dall'elevata operatività è possibile desumere un'altra caratteristica connotante l'universo dell'HFT: l'alto livello dell'order-to-trade ratio. Che cosa vuol dire? Poiché molti degli ordini immessi nelle trading venues sono cancellati dagli stessi operatori subito dopo (per una serie di motivi che andremo ad illustrare più avanti),quelli effettivamente negoziati non sono che una frazione dei primi. Tutto ciò è possibile solo in presenza di hardware e software aventi un'elevata potenza di calcolo ed è proprio questa un'altra qualità che consente di differenziare l'HTF per lo meno dal trading retail, necessitante di un semplice pc, di una connessione ADSL comune e di un conto trading. L'alto Order to trade ratio, ci segnala un altro aspetto operativo interessante: gli HFTraders tendono ad operare quasi esclusivamente nel contesto del trading proprietario e su mercati altamente liquidi in grado di rispondere tempestivamente e positivamente ai loro buy/sell orders, le cui mole generano un turnover del portafoglio giornaliero sconosciuto sia ai traders retail che a quelli algoritmici non ad alta frequenza, variando il tempo di permanenza dei titoli nei conti degli HFTr da pochi secondi ad alcuni minuti. Questi, inoltre, realizzano
profitti molto esigui per singola operazione, ma che moltiplicati per il numero totale delle stesse,
assumono dimensioni notevoli.

Le origini del fenomeno

L' HFT non nasce all'improvviso, essendo viceversa possibile scorgere un precursore nel fenomeno dei SOES bandits sviluppatosi nella prima metà degli anni '90. Il SOES permetteva l'esecuzione automatica di piccoli ordini di acquisto/vendita e grazie ad esso i traders realizzavano qualche centinaia di operazioni al giorno, al fine di sfruttare minime oscillazioni di prezzi oppure i ritardi dei market makers nell'aggiornamento dei prezzi bid/ask relativamente al mercato azionario e nello specifico sul Nasdaq. L'HTF ne rappresenta in un certo senso l'espressione evolutiva, sviluppatasi in un ambiente tecnologico e regolamentare ad esso particolarmente favorevole.

Dal 2007 in poi, centinaia di milioni di dollari cominciarono ad essere investiti negli USA per la costruzione di quelle infrastrutture da porre a servizio degli HFTs e per la posa di fibra ottica volta a collegare tutti i principali mercati, nel minor tempo possibile. Basti pensare alle grandi manovre e ai grandi scavi edili finalizzati a connettere uno dei più importanti data center finanziari presente nella parte sud di Chicago (e successivamente spostato ad Aurora, Illinois, fuori Chicago) con una mercato azionario posto sul versante nord del New Jersey.

Per quale motivo? Perché tutta l'élite finanziaria sapeva bene quanto fosse straordinariamente profittevole il trading su futures quotati a Chicago contro i prezzi corrispondenti -a livello temporale- delle singole azioni negoziate a New York e New Jersey;in pratica sapevano quanto fosse profittevole porre in essere operazioni di arbitraggio tra i prezzi dei futures e delle azioni, sfruttando le migliaia di occasioni giornaliere in cui essi risultavano disallineati. In altri termini, potevano vendere i futures ad un prezzo maggiore rispetto a quello al quale venivano quotate le azioni sottostanti: per farlo, però, necessitavano di velocità e più precisamente necessitavano di essere i più veloci su entrambi i mercati.

Prima del 2007, la velocità delle operazioni di trading era funzione della velocità con cui gli esseri umani presenti sui floors dei vari mercati riuscivano ad eseguirle. Dal 2007 in poi, non fu più cosi: la velocità di esecuzione non dipendeva più dalle capacità umane, ma da quanto velocemente potesse viaggiare il segnale elettronico tra Chicago e New York o, più precisamente, tra il data center presente in Chicago ed ospitante il Chicago Mercantile Exchange ed il data center posto di fianco a quello del Nasdaq Stock Exchange in Carteret, New Jersey. La velocità della luce avrebbe dovuto consentire ai dati di viaggiare tra le due località, andata e ritorno, in 12 millisecondi, ma nessuna delle linee di fibra ottica esistenti garantiva questi risultati: mediamente un pacchetto di dati veniva trasmetto ad una velocità di 16 millisecondi (solo utilizzando la linea di Verizon nota col nome di Gold Route si riusciva ad impiegare di meno, 14,6 millisecondi).

L'obiettivo di creare delle reti di fibra ottica ancora più veloci fu -nel caso di specie- pienamente raggiunto dalla Spread Networks, la quale riuscì a scendere sotto la soglia dei 14 millisecondi (a 13 per la precisione) investendo centinaia di milioni di dollari al fine di posare la fibra ottica più dritta di tutte (l'assenza di curve e tornanti garantisce infatti una maggiore velocità del segnale) da locare alle grandi banche e ai vari hedge funds sempre più attivi nel settore dell' HFT, alla modica cifra di 300.000 dollari al mese oppure con contratti “all -in” pagati in anticipo su base quinquennale per circa 14 milioni di dollari, per singolo utente. A tanto ammontava, inizialmente, il prezzo che le grandi banche d'affari di Wall Street ed i grandi fondi di investimento erano disposte a pagare non solo per continuare a disporre del diritto di fare più soldi di quanti ne abbia fatto precedentemente chiunque altro, ma altresì per impedire che i potenziali competitors potessero accedere a quella risorsa scarsa: la velocità suprema.

Secondo Larry Tab, autore di uno scritto intitolato “ The Value of a Millisecond”, se -all'epoca- una sola delle grandi banche di Wall Street avesse sfruttato le innumerevoli minuscole discrepanze presenti tra i prezzi del future sull' Azione X quotato a Chicago e quelli della medesima azione quotata a New York, avrebbe conseguito profitti nell'ordine dei 20 miliardi di dollari annui.

Aspetti definitori e tecnici: Co-location, Proximity Central Hosting, Central Proximity Hosting.

Come si fa a stabilire se un operatore sia o meno un HFT? Come spiega la Consob nel suo Discussion Paper del 2012 “Il trading ad alta frequenza”, esistono 3 diverse modalità identificative:

1. diretta, sulla base delle indicazione fornite dalla piattaforme di negoziazione; si tratta per lo più di soggetti (o sistemi) impegnati nel trading proprietario;

2. indiretta, sulla base delle caratteristiche operative dei traders esaminati; ad esempio elevato order to trade ratio, elevatissimo numero di operazione giornaliere, conclusione della sessione di trading intraday in posizione flat, margini di profitto per singola operazione molto contenuti, ecc.

3. basata sulla qualificazione delle strategie utilizzate; il che presupporrebbe l'analisi dei flussi di ordini immessi, modificate e cancellati e le relative frequenze (pratica particolarmente complessa e dispendiosa).


F.J. Fabozzi, S. M. Focardi e C. Jonas (2010) High Frequency Trading: Methodologies and Market Impact, definisco l'HFT come: «Una tipologia di trading completamente automatizzato (della famiglia del trading algoritmico) in grado di eseguire una moltitudine di calcoli in pochissimo tempo; dispone d un collegamento con il mercato estremamente rapido, analizza dati tick – by – tick avvalendosi di infrastrutture tecnologiche e informatiche in grado di eseguire operazioni in un arco temporale di pochi millisecondi. 'Un sistema ad alta frequenza è progettato in modo tale da eseguire le proprie strategie in maniera autonoma, analizzando il mercato e trasmettendo migliaia di messaggi di acquisto e vendita al secondo e inserendo contestualmente ordini di esecuzione, di cancellazione o di sostituzione che si adattano immediatamente al flusso informativo disponibile. L’obiettivo principale di un sistema ad alta frequenza è di identificare e trarre vantaggio da rapidi sbilanciamenti di liquidità o da inefficienze dei prezzi di brevissima durata; solitamente chiude la giornata di contrattazioni flat».

Nella Deutsche Bank Research (febbraio 2011), High Frequency Trading, Better than its reputation?, il trading algoritmico è definito come segue: «Un metodo di trading i cui parametri sono determinati da uno specifico set di regole con lo scopo di automatizzare le decisioni di investimento, eliminando la componente emotiva e comportamentale. Gli algoritmi di trading tipicamente specificano timing, prezzo, quantità e ruotine degli ordini, monitorando le condizioni del mercato in maniera continua». Nel paragrafo precedente, abbiamo potuto vedere come una delle caratteristiche che differenziano l' HFT dal trading ordinario e da quello meramente algoritmico, sia proprio la bassa latenza (low latency); un altro tratto distintivo è qui individuabile nella co - location.


Cerchiamo di capire un po' cosa sia la co-location: sappiamo che la velocità del segnale (inteso proprio quale segnale elettronico trasmesso nella fibra ottica) impiegato nel trading ad alta frequenza, così come la velocità di produzione e trasmissione del segnale di risposta (output), generato dagli elaboratori in reazione agli input provenienti dal mercato e dalla massa di informazioni price sensitive, costituiscono aspetti fondamentali per qualsiasi high frequency trader. Tuttavia, per quanto un pacchetto di dati possa viaggiare alla velocità massima consentita dalla fisica moderna -vale a dire quella della luce- e per quanto sia possibile utilizzare l'hardware più veloce al mondo, il tutto deve fare i conti con una variabile parte integrante dello scenario analizzato: la distanza (ovvero lo spazio). Ciò significa che in un'ipotetica corsa -tra due operatori- all' ottenimento del miglior prezzo di acquisto o vendita, a parità di velocità disponibile in entrata ed in uscita, l'operatore fisicamente più distante dal server della piattaforma di negoziazione prescelta (ipotizzata comune ad entrambi) arriverà secondo, il che può significare che dovrà accontentarsi di un prezzo diverso (e probabilmente meno conveniente) da quello visualizzato qualche millesimo di secondo prima.

A questo punto, proviamo a rispondere alla seguente domanda: cosa fanno gli HFT per ridurre il problema delle distanze, intese in senso fisico? Sfruttano il servizio commerciale, cioè a pagamento, di co -location offerto dalle stesse piattaforme di negoziazione (London Stock Exchange, NYSE Euronext, Nasdaq, Dax e così via), le quali danno l'opportunità ai traders ad alta frequenza o ai soggetti interposti (cioè i data vendors) di prendere in locazione spazi detti racks, presso i quali posizionare i propri server, che in tal modo risultano essere molto molto vicini -fisicamente- a quelli delle medesime piattaforme, con conseguente ulteriore contrazione dei tempi di ottenimento degli e di risposta agli input di mercato e ulteriore vantaggio, in termini di sfruttamento di finestre di prezzi visualizzabili per pochi secondi o per pochi millesimi, rispetto a coloro i quali, pur essendo dotati di infrastrutture hardware e software particolarmente veloci, non utilizzino servizi di tale natura. Può un HFT sfruttare contemporaneamente “il fattore vicinanza” su più piattaforme di negoziazione (e quindi trovarsi contemporaneamente nelle prossimità dei server delle stesse?). Sì, attraverso la multiple co – locations: i server utilizzati dal trader per il funzionamento degli algoritmi sono posti in prossimità di quelli delle varie piattaforme, anche molto lontane le une dalle altre, potendo la co-location multipla verificarsi al contempo, ad esempio, su Milano e New York, New York e Tokio e così via.

Distinto dalla co-location è il fenomeno del “proximity central hosting”: in tal caso i racks non sono offerti dalle piattaforme di negoziazione ma da soggetti terzi i quali dispongono di grandi centri dati realizzati nelle vicinanze dei server delle piattaforme. I traders, quindi, operano sulle piattaforme solo tramite l'interposizione dei centri dati, mentre talvolta si spingo a posizionare i loro server in modo tale che risultino equidistanti dalle piattaforme di più sedi di negoziazione (cd. “central proximity hosting”); anche laddove non fossero offerti servizi aventi le caratteristiche di cui sopra gli HFT tenderebbero ad installare materialmente i propri server nelle vicinanze di quelli dei mercati sui quali si rendono operativi, restando prioritario l'obiettivo di contenimento della latenza.

Quando nella primavera del 2007 il fenomeno del trading ad alta frequenza cominciò a dar segni di vita, molti dei traders istituzionali che non ne conoscevano l'esistenza o che non ne comprendevano il funzionamento, si trovarono in grosse difficoltà. Perché? Praticamente che cosa accadeva? Ciò che appariva sullo schermo in termini di quantità acquista/venduta, prezzo di acquisto/vendita, spariva semplicemente nel millesimo di secondo posteriore all'atto di immissione dell'ordine, che restava dunque non eseguito: può sembrare banale, ma per chi sta seduto al trading desk di un qualsiasi operatore di mercato, questo evento può rappresentare -potenzialmente- un grosso problema, specie se si è un market maker che offre liquidità al mercato, subordinando -com'è ovvio che sia- tale decisione alla possibilità di prezzare con certezza lo strumento finanziario in relazione al quale detta liquidità fornisce. Proviamo a fare un esempio: sappiamo che il market maker si interpone tra chi vuole acquistare e vendere grossi quantitativi di titoli ed i mercati presentanti volumi molto più ridotti; immaginiamo che un soggetto intenda vendere 2 milioni di azioni della Coca Cola laddove i mercati mostrino una domanda per sole 500.000 azioni; il market maker acquisterebbe (come di solito fa) tutti e 2 i milioni di titoli in vendita, venderebbe immediatamente le 500.000 azioni richieste in quel momento sui mercati e lavorerebbe artatamente per vendere il milione e mezzo di titoli restanti, nelle ore successive.

Nel momento in cui i prezzi di acquisto/vendita sparivano all'atto di immissione dell'ordine, il market maker non era in grado di prezzare il blocco di titoli più grande, riducendo la sua disponibilità ad offrire liquidità in condizioni di bassi volumi, non potendo stabilire i costi potenziali – e dunque i rischi-di tale modalità operativa. Facciamo un passo indietro: sino al 2002, limitatamente al mercato americano, l'85% circa degli scambi sull'azionario era rappresentato dalle negoziazioni condotte sul New York Stock Exchange, dove gli ordini erano processati da veri e propri esseri umani. Le azioni che non erano ivi negoziate, lo erano sul Nasdaq; nessuna lo era -contemporaneamente- su entrambi i listini. Nel 2005 la SEC diede il via libera alla concorrenza tra le piattaforme di negoziazione, sia esistenti sia in procinto di nascere in virtù di detta novità regolamentare.

Virtualmente, ogni azione poteva essere negoziata su tutti questi nuovi “mercati”: in altri termini, sarebbe stato possibile acquistare un'azione della Microsoft sul New York Stock Exchange, sul Nasdaq, sul Nasdaq BX, sul BATS e così via. Nello stesso momento in cui la concorrenza ebbe inizio, la figura dell'essere umano sul trading floor cominciò ad essere fortemente ridimensionata, in quanto divenuta sostanzialmente inutile. Lo scambio, le negoziazioni sul Nasdaq o su qualsiasi altra piattaforma, avveniva per il tramite di un insieme di server sui quali girava il programma noto col nome di Matching Engine. Chiunque avesse voluto vendere o acquistare non avrebbe dovuto e potuto più dialogare con l'uomo, bensì con la macchina: avrebbe dovuto limitarsi ad introdurre un ordine sul proprio pc ed inviarlo al Matching Engine.

Unitamente all'evoluzione tecnologica, sì è potuta osservare quella del modello di business delle varie piattaforme. Infatti, sino al 2007 i mercati regolamentati facevano pagare -ad ogni broker di Wall Street che avesse immesso un ordine di acquisto/vendita- la stessa commissione fissa per singola azione negoziata. Dopo aver rimpiazzato l'uomo con la macchina, molte cose divennero più complicate; questa complicazione ha il nome di maker-taker model.

I modelli Maker - Taker, Cliff/Edge, Cross – Subsidiation

Ipotizziamo che un investitore intenda acquistare delle azioni Microsoft, quotate 100,00 – 100,05 (bid/ask). Egli ha due opzioni: entrare subito nel mercato e comprarle a 100,05, dando luogo al fenomeno noto come “crossing the spread” o “ attraversamento dello spread (bid/ask)” oppure non acquistarle subito e aspettare che qualcuno gliele offra a 100,00.

Nel primo caso assume il ruolo di taker, nel secondo di maker. In generale, i mercati fanno pagare un tot per azione ai takers, mentre remunerano con qualcosa in meno i makers, intascandosi la differenza tra quanto ricevuto dai primi e pagato ai secondi, sulla base della controversa teoria che vede questi offrire una sorta di servizio al mercato tutto, decidendo di non attraversare lo spread. Tuttavia, sussistono delle eccezioni: il BATS EXCHANGE, ad esempio, faceva pagare i makers e remunerava i takers.

Ricapitolando: il modello“maker/taker”, prevede che gli intermediari fornenti liquidità al mercato attraverso l’immissione di un elevato numero di ordini, ricevano un pagamento da parte della trading venue (cosiddetto ‘rebate’), mentre gli intermediari “assorbenti” liquidità, immettendo ordini in esecuzione di proposte di segno opposto già presenti sul book, paghino delle commissioni.

Nel modello cliff/edge, ai fini dell'applicazione delle commissioni, si valutano le due diverse variabili del tempo e dei volumi, nel senso che si applicano commissioni ridotte per un periodo di tempo predefinito e limitato, a quei volumi eccedenti un limite quantitativo prefissato.

In quello cross – subsidiation (sussidio incrociato), la modulazione delle commissioni varia a seconda delle caratteristiche operative degli strumenti e dei servizi offerti agli operatori: ad esempio, una trading venue che volesse avvantaggiare gli High Frequency Traders, potrebbe applicare commissioni molto molto limitate sugli strumenti maggiormente liquidi e più elevate sugli illiquidi, essendo i primi e non i secondi quelli preferiti nell'operatività degli HFT.

Il ruolo delle ECNs (Eletronic Communication Networks) e delle MTFs (Multilateral Trading Facilities) nell'HFT, alla luce delle best price e NBBO (National Best Bid and Offer) Rules

Un' altra problematica alla quale ho accennato sopra, è quella inerente la rilevazione della presenza degli HFT sui vari mercati. Sarebbe infatti opportuno che le piattaforme di negoziazione identificassero e rendessero edotti tutti i partecipanti dell'esistenza di operatori ad alta frequenza, anche in ragione delle strategie operative potenzialmente dannose per l'integrità del mercato, che essi potrebbero attuare.

Tuttavia, mancano criteri qualificativi uniformi e quindi ogni piattaforma decide se e come accertarne la presenza, nel modo che reputa più opportuno: nessuna, allo stato attuale, distingue tra operatori algoritmici ordinari e algoritmici ad alta frequenza; il Nasdaq -limitatamente agli HFT- crea delle liste in pre – selezione, nelle quali sono inclusi gli operatori che immettono un elevato numero di ordini sulla piattaforma di negoziazione nell’unità di tempo considerata (più di 100 al giorno) e, in aggiunta, ne modificano più del 10% nei successivi 10 minuti, sottoponendole ad ulteriori filtri basati sulla valutazione dell' order- to – trade ratio, sulla permanenza degli ordini nel book, sul totale delle posizioni in rollover a fine giornata (generalmente nulle o prossime allo zero), utilizzo o meno della co – location e via discorrendo; in Italia, gli HTF sono identificati ex – ante in relazione allo svolgimento -esclusivo o meno- delle negoziazioni impiegando le strutture logiche e fisiche, nonché le strategie proprie di questi operatori.

C' è da dire, però, che ad esempio sull' MTA non è predisposta alcuna identificazione degli ordini inseriti da HFT e dunque nessuno può sapere con certezza se la vendita o l'acquisto provenga o meno dal mondo dell'alta frequenza. Nel paragrafo precedente, ho messo altresì in evidenza come l'antenato più illustre dell' HFT sia da rintracciare nel SOES Small Order Execution System e come l'evento regolamentare “chiave” per la sua definitiva espansione sia da individuare nell' ok dato dalla SEC all’inizio degli anni ’90, all’utilizzo degli Electronic Communications Networks (ECN) come sistemi di trading alternativi rispetto ai mercati regolamentati, in grado di consentire il matching automatico tra gli ordini di acquisto e vendita, senza l'intermediazione (precedentemente indispensabile) dei brokers – dealers. Le ECNs (Multilateral Trading Facilities per la direttiva europea MIFID) consistono quindi in veri e propri mercati privati che si pongono al di fuori, cioè all'esterno, dei mercati regolamentati anche se molto meno opachi rispetto alle dark pools.

Permettetemi un inciso -non esaustivo- su queste strutture: le dark pools – Alternative Trading System al pari delle ECNs- sono dei mercati costruiti e gestiti da grandi brokers, da importanti istituzioni finanziarie private, alle quale non è richiesto di rivelare al pubblico cosa accade al loro interno; più nello specifico non forniscono pubblicamente i dati sui sui prezzi fatti segnare dalle negoziazioni condotte per il loro tramite.

Questa caratteristica di opacità, ha finito per attrarre gli investitori di un certo rilievo, desiderosi di negoziare in totale anonimato pacchetti azionari, al fine di non segnalare al pubblico operante sui mercati ordinari, potenziali movimenti di prezzo ad essi sfavorevoli. Pur registrando qualsiasi operazione, ne rendono pubblico l'esito con un ritardo tale da rendere impossibile conoscere con esattezza gli eventi in atto -nel più ampio mercato- nel momento di esecuzione dell'operazione. Le regole interne sono sconosciute ai più e solo il gestore sa con esattezza chi sia sulla buy e/o sulla sell side. Inizialmente, tra le ECNs ed i mercati regolamentati non c'era alcuna comunicazione: gli ordini di acquisto/vendita che pervenivano nelle prime, nelle prime restavano, nel senso che i broker non erano tenuti a girarli sui mercati “pubblici”. Per quale motivo? Perché queste primordiali dark pools erano tenute a rispettare una regola dalla formulazione piuttosto generica, vale a dire quella della best execution. Che cosa imponeva questa norma? Di eseguire l'ordine di acquisto/vendita al miglior prezzo esistente in quel momento sull' ECN che lo aveva ricevuto; abbiamo visto, però, che tra ECNs e mercati pubblici, nonché tra ECNs, non c'era scambio informativo, quindi laddove sull'ECN ricevente l'ordine non fosse stato presente -in quel momento- il miglior prezzo in assoluto, viceversa presente su di un mercato pubblico o su di un'altra ECN, l'ordine veniva eseguito ugualmente (ad un prezzo meno conveniente rispetto a quello reperibile altrove) oppure non veniva eseguito affatto, proprio in ragione dell'interpretabilità del concetto della “miglior esecuzione”.

Ad esempio, se al broker fosse giunto l'ordine di acquistare 1000 azioni della Coca Cola al prezzo di $10,00 e il broker avesse controllato sul mercato la presenza di sole 500 azioni al prezzo di cui sopra, avrebbe potuto decidere di non eseguire l'acquisto, aspettando condizioni di mercato da esso (e solo da esso) considerate maggiormente conformi al concetto di best execution. La discrezionalità di cui godevano i gestori dei mercati privati, fu però troppo spesso utilizzata per abusare della fiducia dei propri clienti, ragion per cui nel 2005, la Regulation National Market System – sulla quale torneremo a breve- sostituì il concetto di best execution con quello di best price. Il rigido isolamento in cui versavano le varie ECNs, aveva un'altra conseguenza economicamente molto più rilevante ed incentivante il getto delle fondamenta dell'HFT: se -come accadeva praticamente sempre- le ECNs ed i mercati pubblici avessero prezzato il medesimo strumento finanziario in maniera diversa, la frammentazione strutturale dei mercati, avrebbe di conseguenza offerto ampie opportunità di arbitraggio.

E chi realizzava questo arbitraggio? Gli operatori più veloci, coincidenti con quelli meglio informati. Per quale motivo? Perché gli arbitraggisti compravano (vendevano) dal trader “non informato” e vendevano (compravano) al prezzo migliore presente sul mercato. Quindi, in quella situazione, esisteva un'asimmetria informativa a tutto vantaggio dei trader più veloci, quando essere più veloci significava poter disporre di un hardware migliore e/o di un software più leggero e meno soggetto a crash (la fibra ottica non era ancora di larga diffusione).

Disponendo per primi delle informazioni, grazie alla velocità con cui riuscivano ad entrare nelle e ad uscire dalle varie piattaforme di negoziazione, conducevano un trading privo di rischio a danno degli operatori più lenti e quindi peggio informati, con riguardo ai prezzi praticati sui vari mercati in quel momento, per quel dato strumento finanziario. Alla luce di quanto detto, è abbastanza intuitivo comprendere quanto le discrepanze sui prezzi, incentivassero ad investire in velocità, presupposto di ricchi bottini da arbitraggio sui prezzi. Per evitare tale sistematico svantaggio per alcune categorie di traders, la SEC intervenne nel 1997 inserendo l’obbligo del “Limit Order Display” con il quale, allo scopo di migliorare la trasparenza del mercato, ha imposto ai Market Makers di mostrare a tutti i traders quale fosse il miglior prezzo di acquisto e vendita (National Best Bid and Offer, NBBO) presente in qualsiasi momento sull’intero mercato (ECNs comprese e Dark Pools escluse).

Nonostante questo intervento, vedremoa breve come, azzerata o quasi l'asimmetria sui prezzi, la capacità di sfruttamento delle variazione minime degli stessi, sia rimasta appannaggio dei soli HFTs. Bisogna ricordare inoltre che, ancor prima della comparsa delle ECNs propriamente dette, nei primi anni '80 il New York Stock Exchange introdusse il Designated Order Turnaround o DOT (successivamente rinominato SuperDot), rappresentante il primissimo sistema di esecuzione elettronica degli ordini, in grado di collegare venditori e compratori, ma disponibile esclusivamente per i floor specialists del NYSE.

Nel 1980, invece, il Nasdaq creò un sistema di esecuzione sfruttante la potenza di calcolo dei primi elaboratori volto a competere con il DOT ed accessibile ai soli brokers-dealers, trasformato nel 1986 in base del successivo SEOS. Nel 1987 il Chicago Mercantile Exchange (CME) per mezzo di una joint venture con Reuters, approvò la nascita di GLOBEX, la prima piattaforma abilitata al trading in derivati ed operativa a partire dal 1992. Il resto è storia recente: con l'avvento di Internet negli anni '90, gli investitori (anche retail) sono stati messi nelle condizioni di bypassare i brokers-dealers fisicamente presenti sui floors dei vari mercati, rivolgendosi a quelli on-line, mentre lo sviluppo tecnologico ha condotto alla creazione delle ECNs includenti gli ATSs. Nel 2005, la SEC Statunitense approvò una disciplina che fornì un impulso ulteriore alla crescita dell'HFT (in un altro post ne esamineremo i motivi: la Regulation National Market System (Regulation NMS), operativa dal 2007, tesa innanzitutto a superare i problemi interpretativi della best-execution e quelli generati dalle pratiche di front-running, accertate a partire dal 2004. Due sono le novità normative apportate dalla Reg. NMS che in questo contesto ci interessano maggiormente:

  • Sub Penny Rule; (Rule 612)
  • Order Protection Rule. (Rule 611)

Con la Sub Penny Rule, la SEC ha imposto a tutti i mercati presenti sul territorio statunitense di utilizzare il sistema decimale per calcolare le quote dei prezzi dei titoli azionari superiori o uguali all’unità. La decimalizzazione aveva lo scopo di rendere il più piccolo possibile (0,01$, un centesimo di dollaro) e, soprattutto, univoco il minimo incremento possibile per i prezzi delle azioni (appunto un centesimo). Cosa ha comportato tutto questo? Che il bid-ask spread si è ridotto, che la compravendita delle azioni è divenuta meno costosa e che gli operatori si sono organizzati in modo tale da sfruttare le variazioni minime dei prezzi, con strategie a parità di altre condizioni meno rischiose, in ragione del valore contenuto del rischio per unità di prodotto finanziario negoziato (1 centesimo) e del moltiplicarsi delle opportunità di trading in termini numerici, seppur di valore minore.

Con l'Order Protection Rule, l' autorità di vigilanza americana ha invece cercato di rispondere al doppio problema della best execution e dell'isolamento informativo in cui versavano gli ATSs (Alternative Trading Systems): in che modo? Per quanto riguarda la prima tematica, sostituendo quel criterio con quello di best price poggiante a sua volta sulla definizione di NBBO (National Best Bid and Offer); per quanto riguarda la seconda, stabilendo che il mercato regolamentato o l’ECN ricevente l’ordine, nel caso in cui non fosse in grado di offrire il NBBO, debba necessariamente trasferirlo per l’esecuzione al mercato sul quale sia presente il miglior prezzo.

Quindi: mentre il “Limit Order Display”introdotto dalla SEC nel 1997 imponeva ai Market Maker -semplicemente-di mostrare a tutti i traders quale fosse il miglior prezzo di acquisto e vendita (National Best Bid and Offer, NBBO) presente in qualsiasi momento sull’intero mercato (ECNs comprese e Dark Pools escluse), la Reg. NMS ha imposto l'obbligo di trasferimento dell'ordine ricevuto verso il mercato presentante il NBBO.

Questo che cosa significa praticamente? Che se un investitore volesse acquistare 1000 azioni dell'Intel e solo 100 fossero offerte sul BATS a 50 $ (NBBO), laddove tutto il blocco di 1000 fosse altrove offerto a 50,01, in virtù dell'order protection rule, il broker sarebbe costretto ad acquistare le 100 azioni offerte sul BATS a 50 $ prima di spostarsi su altre piattaforme (mentre nel periodo di vigenza del principio della best execution il broker poteva non soddisfare l'ordine di acquisto, decidendo insindacabilmente che l'offerta di sole 100 azioni offerte a 50 $, non rappresentasse la miglior offerta possibile). Tutto risolto oppure, permangono alcuni aspetti controversi?

Ne permane, fondamentalmente uno, di seguito illustrato.

Il SIP (Securities Information Processor)

L'order protection rule impone al broker di soddisfare l'ordine di acquisto/vendita al miglior prezzo disponibile in quel momento a prescindere dalla quantità strumento finanziario disponibile in quell'istante, dopodiché deve spostarsi sulle piattaforme negoziali che fanno segnare il miglior prezzo di mercato nel momento successivo. Siccome ciascun broker è vincolato ex lege nella direzione da prendere, vale a dire deve dirottare l'ordine verso la piattaforma segnante il prezzo più conveniente, gli high frequency traders possono facilmente predire dove essi invieranno gli ordini dei propri clienti.

Ma come veniva (e ancora oggi viene seppur con tecnologie migliori) calcolato il NBBO? Tutti, ma proprio tutti i mercati USA, inviano tutte le informazioni su prezzi di offerta e prezzi di acquisto, nonché su quantità offerte e quantità di strumenti richiesti in un dato istante verso un unico grande cervello elettronico noto col nome di SIP “Securities Information Processor”, che a fronte di tutti gli input di prezzo e quantità ricevuti senza pause, elabora per ciascun asset il NBBO, cioè il prezzo migliore in assoluto in quel momento.

Il tempo di latenza intercorrente tra la ricezione dei dati e la sua diffusione è di qualche millesimo di secondo: sembra poco, anzi niente, ma non è così. I millesimi di latenza accusati dal SIP rappresentano un lasso di tempo lunghissimo se paragonati alle velocità operative vantante dagli HFTs, che riescono a vedere il mercato (quindi i prezzi) ben -in media- 25 millesimi di secondo prima rispetto agli investitori non ad alta frequenza.

Cosa significa avere la possibilità di “vedere il mercato per primi”? Proviamo a fare un esempio. Immaginiamo che il SIP faccia segnare il bid-ask spread delle azioni Intel con i seguenti valori: $ 100,00 – $ 100,01 e che quindi il miglior prezzo possibile al quale acquistare le azioni sia 100,01 (Ask Price). Ovviamente, coloro i quali non risultino essere HFTs, inviano al proprio broker l'ordine di acquistare 100 azioni al prezzo di $ 100,01; l'infinitesimale lasso di tempo intercorrente tra il momento in cui l'ordine viene inviato e quello successivo di esecuzione è preziosissimo per tutti coloro i quali possano disporre di connessioni più rapide.

Quanto prezioso? Dipende da due variabili: 1) dal gap temporale intercorrente tra il tempo di elaborazione dati SIP che fa segnare il NBBO (quindi il miglior prezzo in assoluto tra tutti i mercati USA) e quello del SIP di ogni singolo mercato deputato a processare tutti gli ordini ed i relativi prezzi giungenti su ognuno di essi; 2) dal livello di rimbalzo (in genere di valore molto limitato ma non sono esclusi movimenti più ampi in termini di prezzi) nell'arco temporale di cui al punto 1. Più ampio è il gap temporale (quindi la differenza tra il SIP “nazionale” ed i SIPs dei singoli mercati) maggiore è la probabilità che il prezzo delle azioni Intel “si muovi” al rialzo o al ribasso; maggiore è il gap temporale maggiore è la probabilità che i movimenti di prezzi al rialzo o al ribasso, siano più ampi; maggiore è il gap temporale (quindi le velocità operative tra il SIP fornente il NBBO ed i SIPs del Nasdaq, del Bats, del NYSE ecc) maggiore è la probabilità che che un HFT rifili degli strumenti ad un prezzo più vecchio (anche soltanto di qualche millesimo di secondo) e quindi meno vantaggioso rispetto a quello considerato NBBO.

Questa è la vera ragione per cui la volatilità risulta particolarmente amata dagli High Frequency Traders. Detto in altri termini: un mercato maggiormente volatile partorisce tantissimi nuovi prezzi che gli HFTs possono vedere per primi e sfruttare di conseguenza. Ad esempio l'università di Berkeley in un working paper pubblicato nel Febbraio del 2013, ha fatto notare come il prezzo delle azioni di Apple sia cambiato ben 55.000 volte in un solo giorno di negoziazioni; il che significa che in quel giorno gli HFTs hanno avuto ben 55.000 possibilità di sfruttare la conoscenza anticipata (anticipata rispetto al resto più ampio del mercato composto da operatori retail o comunque non ad alta frequenza) del NBBO generato dal SIP. Ma fruttare in che senso?

Immaginiamo che NBBO nel momento X faccia segnare un bid -ask prices per Intel pari a $ 50,00 -$ 50,01. Siccome gli HFT sono in grado di vedere questa notizia qualche millesimo di secondo prima rispetto al resto del mercato non ad alta frequenza, possono acquistarle a $50,01 e rivederle a $ 50,02 a tutti gli altri operatori più lenti (la maggior parte) i quali ignoreranno che nel momento X il prezzo migliore fosse $50,01 e saranno convinti che fosse invece quello loro offerto dagli HFTs, vale a dire $ 50,02.

Questo è soltanto il metodo più semplice e più ovvio tramite cui gli HFTs possono sfruttare la visione privilegiata (in quanto anticipata) del mercato per realizzare elevati profitti.

Il direzionamento degli ordini tramite il SOR (Smart Order Routing) ed il potenziale conflitto d'interessi tra broker e clienti

Approfondiamo ,ora, la tematica del direzionamento degli ordini da parte dei brokers in un contesto sempre più impregnato dalle speciali architetture dei sistemi di pagamento delle commissioni, differenziati (come abbiamo visto nei giorni scorsi) a seconda che si fornisca o si assorba liquidità, a seconda se si “crossi o meno lo spread” e via discorrendo Prima di analizzare cosa siano e per quale motivo siano tanto importanti i routers deputati allo smistamento degli ordini inviati dai vari traders ai propri intermediari, bisogna fare la seguente -breve- premessa.

Sappiamo per certo che tutti i segnali generati nella Downtown di Manhattan (dove si trovano numerosi brokers, trading desks impegnati nel proprietary trading di banche d'affari ed hedge funds) viaggiano lungo la West Side Highway, attraversando il Lincoln Tunnel, per giungere nella sede dei pulsanti cuori telematici ed elettronici (i severs) dei più importanti mercati del mondo, vale a dire nel New Jersey. Sappiamo per certo che tutte le più importanti HFT Firms hanno nel tempo, predisposto e raffinato le cosiddette Latency Tables (Tabelle di Latenza), vale a dire delle tabelle indicanti il tempo, espresso in microsecondi, che un ordine di mercato impiega per raggiungere ogni piattaforma di negoziazione partendo da un dato broker. I tempi sono -seppur in misure minime e difficili anche solo da immaginare- diversi gli uni dagli altri, perché influenzati dalla distanza fisica esistente tra il broker ed il mercato target, dal tipo network e di fibra ottica utilizzati in loco, dall'hardware e software di cui si dispone.

Perché le Latency Tables sono importanti? Perché consentono agli HFTSs di riconoscere e quindi distinguere ogni singolo broker in base al tempo che i suoi ordini impiegano nel viaggiare da un mercato ad un altro. Riconoscere e distinguere ogni singolo broker, significa capire quale -tra di essi- ci sia dietro un dato ordine; capire quale broker ci sia dietro un dato ordine significa poter dedurre segnali operativi dal suo comportamento, ad esempio dedurre se una data quantità inviata come buy o sell order sia solo una porzione di un ordine più ampio o, viceversa, l'ordine definitivo; dedurre segnali operativi dal suo comportamento, potrebbe aiutare a dedurre come lo stesso, in virtù dell'obbligo di rispettare il criterio del NBBO di cui abbiamo parlato negli altri contributi, lo distribuirà tra le varie piattaforme e quanto sia effettivamente disponibile a pagare in più rispetto alle quotazioni esistenti in un dato momento.

E veniamo al conflitto d'interessi, al cui consolidamento la disciplina del NBBO ha -suo malgrado- in parte contribuito. Sappiamo che il NBBO (per gli USA) ed il Best Price (per l'Europa) hanno imposto ai mercati la creazione di una tecnologia in grado di garantire ai traders l’accesso al miglior prezzo di contrattazione presente su ciascun mercato, in ogni istante; il mercato, però non è unico: ci sono quelli regolamentati (esistenti da decenni) e quelli alternativi nati con lo sviluppo delle reti telematiche (si veda sopra) più recenti, noti -negli USA- come ECNs o -in Europa- come MTFs-; uno stesso strumento finanziario può essere quotato contemporaneamente su tutti i tipi di mercati esistenti; più quotazioni significa anche possibilità di prezzi -dello stesso strumento e nello stesso istante- differenti; l'astratta possibilità di prezzi differenti si è tradotta nell'obbligo di connettere tra di loro mercati regolamentati e ECN (o MTF), ma anche e soprattutto di dotarsi di sistemi in grado di analizzare i prezzi e le relative quantità presenti su ogni singola trading venue, al fine di offrire poi -obbligatoriamente- all’investitore il miglior prezzo.

Unitamente agli algoritmi, i routers costituiscono il pilastro tecnologico dei moderni mercati finanziari. Lo Smart Order Routing (SOR) è un sistema che permette di analizzare in tempo reale i prezzi e le quantità degli strumenti finanziari presenti su tutte le trading venues su cui sono negoziabili e, in base ad un set di regole, garantire l’esecuzione di ordini di compravendita ai prezzi migliori presenti sul mercato. Esso – da un punto di vista logico/informatico- entra in gioco dopo che gli algoritmi abbiano esaurito il loro lavoro. In cosa consisterebbe questo lavoro? Nel decidere come suddividere ogni singolo ordine.

Immaginiamo che sia inviato l'ordine di acquistare 100.000 azioni della società Alfa ad un prezzo massimo di 10,00 dollari o euro, quando il mercato segnala la presenza in offerta di sole 2.000 azioni a quel prezzo; cercare di comprare tutte e 100.000 azioni in “un colpo solo” farebbe muovere il prezzo verso l'alto, essendo la domanda maggiore dell'offerta; allora entra in campo l'algoritmo che decide quante azioni acquistare in quel momento, quando acquistarle e che prezzo pagare. Il Router decide il “dove” acquistarle, quindi dove inviare l'ordine.

Esso è programmato dagli informatici dei vari brokers, i quali potrebbero istruirlo a direzionarlo verso una dark pool e poi sui mercati pubblici; oppure dapprima verso un mercato sul quale il broker verrà pagato e solo dopo su di un mercato sul quale esso sarà costretto a pagare una commissione per la negoziazione dell'ordine. Vediamo ora come dovrebbe funzionare astrattamente il sistema dello Smart Routing Order e poi cosa potrebbe accadere (e purtroppo è accaduto spesso), quando i brokers decidendo di fare i propri interessi anziché quelli dei loro clienti che corrispondo loro delle commissioni, finiscano per fare anche gli interessi degli HFTs. Funzionamento astratto e fisiologico dello SOR Immaginiamo che un investitore invii un ordine di acquisto a mercato (market order) per mille azioni della società Alfa, la cui quotazione sia prevista su tre diverse trading venues (Q-Y-Z) presentati le seguenti caratteristiche di domanda e offerta:

  • Il mercato Q, presenta due miglior prezzi di vendita, pari a 10,55 e 10, 56; le quantità offerte sono pari a 500 unità e 500 unità;
  • Il mercato Y, presenta due migliori prezzi di vendita, pari a 10,55 e 10,54; le quantità offerte sono pari a 500 unità e 500 unità; • Il mercato Z, presenta tre migliori prezzi di vendita, pari a 10,56 – 10, 53 – 10,52; le quantità offerte sono pari a 300 unità per il primo prezzo, 300 unità per il secondo, 500 unità per il terzo.

Cosa fa lo SOR? Mette insieme tutti i dati di tutti i mercati consentendo all' investitore di portare a casa l'acquisto alle migliori condizioni esistenti sui mercati in quel momento, vale a dire gli permette di acquistare:

  • 500 azioni al prezzo di € o $ 10,52 presenti sul mercato Z;
  • 300 azioni al prezzo di € o $ 10,53 presenti sul mercato Z;
  • 200 azioni al prezzo di € o $ 10,54 presenti sul mercato Y;
  • Totale azioni acquistate 1000 (dunque ordine evaso)
  • Prezzo medio pari ad € o $ 10,527

In questo modo, l'investitore riesce ad ottenere le sue 1000 azioni ad un prezzo medio inferiore a quello che avrebbe pagato, dati i prezzi di cui sopra, effettuando l'acquisto solo sul mercato Q o Y o Z, quindi spunta il meglio possibile alle condizioni presenti sui mercati in quel momento. Purtroppo le cose non vanno sempre così (e la storia recente ce lo insegna).

Vediamo il funzionamento patologico dello SOR. Immaginiamo che ci sia un broker al quale noi paghiamo una commissione affinché curi al meglio i nostri interessi ed al quale abbiamo inviato l'ordine di acquisto di 500 mila azioni della società Beta al prezzo di 10 € o $; immaginiamo che ci siano 10 mercati sui quali esse siano quotate; immaginiamo che nel momento di immissione dell'ordine di acquisto, siano presenti 50.000 azioni su ognuno dei dieci mercati al prezzo che noi desideriamo pagare, cioè € 10,00 e che ciascuno di essi faccia pagare una commissione al broker che opera per nostro conto (commissione inferiore a quella da noi a lui pagata affinché curi i nostri interessi ed i nostri ordini). Ipotizziamo che ci siano altre 1000 azioni offerte sempre a € 10,00 su di una trading venue o ECN o MTF che dir si voglia (al quale attribuiamo il nome di fantasia European Eletronic Exchange), che anziché far pagare il broker, lo paghi. Il Router, appositamente programmato dal broker, anziché inviare l'ordine di acquisto di 50.000 azioni ai 10 mercati presso i quali dovrebbe pagare una commissione, invia l'ordine di acquistare 1.000 azioni presso European Eletronic Exchange. Cosa succederà?

Succederà che nel frattempo le 500.000 azioni che qualche millesimo di secondo prima erano disponibili sui 10 mercati saranno fatte preda dagli HFTs al prezzo di € 10,00, mentre il broker non pagherà nulla ma anzi verrà pagato dalla European Eletronic Exchange. Pochi secondi o millesimi di secondo dopo, gli HFTs torneranno ad offrirle ad un prezzo maggiore di €10,00 e tu -ignaro investitore- le comprerai ad un prezzo meno vantaggioso del precedente o non le comprerai affatto. A questo punto qualcuno potrebbe chiedersi: perché le altre 500 mila azioni dovrebbero essere fatte preda degli High Frequency Traders?

E' molto semplice: molti HFT sapendo che i brokers inviano gli ordini sulle piattaforme presso le quali vengono pagati (ma il discorso è astrattamente estensibile a tutti i mercati), decidono di appostarsi silenziosamente come degli alligatori offrendo e richiedendo piccoli quantitativi (da 100 a 1000 unità) di tutte le azioni (ed altri strumenti finanziari) negoziate sui mercati di una determinata area geografica; le loro offerte di acquisto/vendita sono inoltre tali da poter essere poste nella parte iniziale della coda del book di negoziazione (in modo tale che possano essere evase per prime).

Queste piccole offerte di acquisto e vendita, sono inserite sulle trading venues, non perché gli HFTs siano effettivamente interessati a acquistare o vendere quell'esiguo pacchetto azionario, ma perché interessate ad acquisire informazioni circa la presenza di ordinativi di acquisto/vendita ben più cospicui. In che modo? Poiché, come detto poco sopra, le loro offerte sono nella parte alta del book di negoziazione e vengono dunque evase per prime, gli HFTs acquisita (prima di tutti gli altri partecipanti al mercato) l'informazione circa la presenza di un potenziale buyer o seller, si spostano alla velocità della luce sugli altri mercati dove arrivano le porzioni di ordini suddivisi come sopra descritto, vendendo o comprando di conseguenza.

Più precisamente gli HFTs vogliono sapere cosa gli investitori vogliano comprare o vendere prima che lo facciano effettivamente, in modo tale da poter fare incetta di titoli da vendere/acquistare modulando il relativo prezzo offerto, nel loro esclusivo interesse.

La strategia degli arbitraggi di latenza (Statistical Passive Arbitrages)

Cosa vuol dire arbitraggi e perché di latenza? “Arbitraggi” è usato nell'accezione di guadagni ottenuti sfruttando le differenze tra valori (prezzi/quotazioni nel nostro caso); la locuzione “di latenza”, sta ad indicare che sono profitti conseguibili grazie alla possibilità di realizzare tutte quelle operazioni -che vanno dall'inoltro dell'ordine di acquisto/vendita alla sua esecuzione- in un intervallo di tempo davvero piccolissimo (cosiddetta low latency sopra descritta).

La latenza, lo ricordiamo, può essere valutata a diversi livelli:

  • Come misurazione del tempo intercorrente tra la ricezione di una notizia di mercato (o di geopolitica) da parte del trader e la formulazione (o non formulazione) della sua decisione operativa.
  • Come misurazione del tempo intercorrente tra l'immissione dell'ordine, l'elaborazione da parte della piattaforma software/hardware ed il materiale inoltro verso il broker deputato alla negoziazione.
  • Come misurazione del tempo intercorrente tra la ricezione dell'ordine da parte del broker, la sua elaborazione ed il successivo inoltro verso il mercato sul quale lo strumento finanziario (venduto o acquistato) risulta essere quotato. Infatti, quando giunge un ordine all'intermediario, questo -tramite strumenti informatici ed algoritmi- lo analizza nei suoi aspetti fondamentali, ovvero, cerca di capire che tipo di ordine sia (martket, limit, oco ecc.), se sia d'acquisto o di vendita, quali e quanti siano gli strumenti finanziari in oggetto, quali siano le piazze sulle quali vengano negoziati; fatto ciò, provvede -materialmente- ad inviarlo.
  • Come tempo intercorrente tra l'inoltro da parte del broker e la ricezione da parte del mercato.
  • Come tempo intercorrente tra la ricezione da parte del mercato e la diffusione dei dati riconducibile a quell'ordine, a favore di tutti gli altri partecipanti a quel sistema di negoziazione.

Se per compiere tutti questi passaggi, fosse necessario molto tempo, ci troveremmo dinanzi ad un sistema ad alta latenza; viceversa avremmo un sistema a bassa latenza che può altresì essere (e generalmente è) ad alta frequenza. Ovviamente, non è sufficiente che ad essere munito di strutture fisiche e logiche ad alta velocità sia il solo trader: è necessario che lo sia anche il broker da esso utilizzato, altrimenti, il guadagno temporale conseguito dal primo andrebbe disperso a causa della lentezza del secondo.

Quindi: un HFT necessita di un broker ad alta velocità. Torniamo ora agli arbitraggi di latenza: per poter guadagnare tramite tale strategia è necessario riuscire a battere sul tempo i traders tradizionali. Che cosa significa battere sul tempo i traders tradizionali? Significa arrivare per primi nelle code degli ordini presenti sui book di negoziazione: “il primo ordine ad essere presente in coda su determinati livelli di prezzo, sarà primo ad essere eseguito” e per arrivare primi bisogna essere più veloci degli altri. La velocità è un requisito necessario ma non sufficiente, in quanto detta modalità operativa presuppone:

  • che lo strumento finanziario oggetto dell'ordine sia quotato contemporaneamente su più piattaforme di scambio;
  • che le piattaforme di scambio siano connesse tra loro e con il broker tramite Smart Order Routing ;
  • che gli algoritmi adoperati consentano agli HFTs di adattarsi -pressoché -istantaneamente- alle mutevoli condizioni dei mercati.

Infatti, i traders a bassa latenza e/o ad alta frequenza sfruttano la velocità di cui dispongono non solo per inviare gli ordini, ma anche per modificarli o addirittura cancellarli dal book di negoziazione. In base a cosa lo fanno? Lo fanno -in automatico- in base al tipo di elaborazioni (cioè delle indicazioni) prodotte dagli algoritmi in uso, in grado di valutare costantemente il grado di liquidità (nonché i cali e/o gli incrementi), sfruttandoli o evitandoli ed atteggiandosi ora a price taker ora a liquidity provider.

Il termine liquidità viene usato, in questo contesto, per indicare il numero di proposte in acquisto o in vendita presenti sui book di negoziazione; il numero di proposte in acquisto o vendita che arrivano sul mercato, incrociando le proposte presenti sul book di negoziazione; i volumi associati alle proposte di acquisto o di vendita. Sulla capacità di cancellare gli ordini da parte degli HFTs voglio dire una cosa che poi riprenderò più ampiamente nei post futuri: sia le piattaforme di negoziazione delle azioni, sia quelle aventi ad oggetto futures permettono a questa tipologia di operatori di cancellare gli ordini una volta immessi, al fine di evitarne il frazionamento oppure al fine di consentirgli di ritirare quelli immessi accidentalmente o con caratteristiche qualitative e/o quantitative errate. Se l'opzione della cancellazione venisse utilizzata nei limiti del fisiologico, nulla quaestio; purtroppo, però, la realtà è un’altra.

Gli HFTs hanno fatto dell'inserimento e della successiva cancellazione un vero e proprio modello operativo, carico di effetti collaterali. Infatti, tale condotta, pur non influenzando il prezzo degli altri contratti presenti sui vari mercati ed aventi ad oggetto quel dato strumento finanziario, influenza indirettamente le azioni degli altri traders, rendendosi pratica potenzialmente idonea a manipolare il mercato. Per quale motivo?

Perché, così facendo, gli HFTs fornisco una falsa idea di liquidità nel mercato, piazzando ordini “miraggio” che spariscono in meno di un battito di ciglia, appena il mercato inizia a muoversi (al rialzo o al ribasso). Gli Statistical Passive Arbitrages sono il campo di applicazione più naturale e più elementare per gli HFTs, che vanno a sfruttare le momentanee divergenze di prezzo di un identico strumento finanziario, contemporaneamente quotato su diversi mercati (ECN e MTF inclusi).

Ecco un esempio: immaginiamo che il bid-ask price delle azioni dell'azienda ALFA, sia pari -su tutte le piattaforme di negoziazione- a 80,00-80,01; immaginiamo che ad un certo punto arrivi un big seller sull' Euro Stoxx 50 facendo scivolare il prezzo a 79,98-79,99; cosa fa un HFT? Acquista sull'Euro Stoxx 50 a 79,99, vendendo i titoli su tutte le altre piazze ad 80,00, prima (parliamo di microsecondi) che tutte le altre piattaforme diverse dal Euro Stoxx 50 aggiornino ufficialmente i prezzi al nuovo valore di 79,98-79,99.

Essendo i più veloci, essi riescono ad identificare tale opportunità nel momento stesso in cui si manifestano, battendo i traders tradizionali risultanti molto più lenti sia nella fase identificativa che in quella -astrattamente- esecutiva.

Appare evidente, come la frammentazione dei mercati e quindi la comparsa di numerose ECN ed MTF accanto ai mercati regolamentati, moltiplichi le opportunità di arbitraggio, sfruttabili operando in co-location, con elevata potenza computazionale ed a bassa latenza. Se si moltiplica il numero di opportunità che in ogni millesimo di secondo della giornata possono presentarsi, per il numero di titoli interessati dal fenomeno e per il relativo volume tradabile, si può ben capire quali possano essere le dimensioni del gain.

Le strategie dell'offerta di liquidità (Liquidity Providing), del trading on news (Momentum Trading) e del Flash Trading

Offerta di Liquidità

Gli HFTs hanno la possibilità di replicare in tutto e per tutto il modus operandi di un market maker senza però doverne subire la stringente regolamentazione tecnica, imponente il rispetto di condizioni di trasparenza e tempestività informative circa scadenze, quantità negoziate, bid-ask spread massimo e soprattutto senza dover ottemperare all'obbligo che maggiormente caratterizza un market maker, ovvero quello di porsi come controparte di qualsiasi ordine in arrivo, potendo viceversa scegliere se, come, quando e dove (su quale piattaforma) operare.

Ancora una volta la low latency fa la differenza, generando un contesto operativo che per gli HFTs presenta moltissimi vantaggi e limitatissimi -nonché gestibili rischi. Infatti, questi operatori piazzano i loro ordini sui primi livelli denaro o lettera in attesa che vengano incrociati da quelli di altri traders, guadagnando -in presenza di bassa volatilità- sulla differenza (cosiddetto bid-ask spread). Perché accade questo? Perché sono in grado di acquistare ad un prezzo più basso (bid) ed a rivendere ad uno più alto (ask) e vi riescono proprio sfruttando l'estrema velocità di cui sono dotati.

Questa risulta essenziale per battere sul tempo altri traders impegnati in analoghe strategie di liquidity providing. Che cosa significa battere sul tempo i traders concorrenti? Significa arrivare per primi nelle code degli ordini presenti sui book di negoziazione: “il primo ordine ad essere presente in coda su determinati livelli di prezzo, sarà primo ad essere eseguito”.

La bassa latenza è altresì indispensabile per gestire i rischi connessi a detta strategia e quindi ridurre o annullare del tutto le potenziali perdite connesse. Qual è il pericolo maggiore? Quello legato al forte ed improvviso aumento di volatilità, generalmente conseguente alla diffusione di dati macro inaspettati, eventi geo-politici, scelte -precedentemente non scontate dai mercati- delle Banche Centrali. Un incremento della volatilità causa un allargamento dello spread che penalizza chi – come gli HFTs- si posiziona su primari livelli bid/ask; tuttavia, grazie alla bassa latenza e previa rilevazione algoritmica dell'incremento della volatilità, i rischi e le potenziali perdite sono prossime allo zero, poiché i sistemi ad alta frequenza sono in grado di cancellare dal book di negoziazione le proprie proposte di acquisto/vendita in un tempo brevissimo.

Resta da rispondere ad un'ultima domanda: come fanno quegli HFTs che non nascono originariamente market maker a replicarne le condotte sui mercati? In genere, vi riescono previa osservazione -volta all'apprendimento dei modelli comportamentali– del sistema di variabili connotanti gli algoritmi impiegati da chi fornisce liquidità al mercato per propria natura (i market makers propriamente detti), impiegando sistemi neurali -cioè matematici- in grado di imitarne le proprietà. Inoltre, così come gli HFTs possono essere “vittime” dell'incremento della volatilità e di quello successivo del bid-ask spread, possono anche esserne la causa, adottando una strategia nota col nome di quote stuffing (ed altre non molto dissimili), ossia l’immissione e la cancellazione quasi immediata di una elevata quantità di ordini su un titolo, in grado di generare il fenomeno della cosiddetta ghost liquidity

L'operare come market maker solo a convenienza e non in maniera “istituzionale”, sottrae e non aggiunge liquidità nelle fasi di mercato connotate da un forte incremento della volatilità. Questa affermazione può essere supportata osservando le condotte tenute dagli HFTs alcuni istanti prima nonché nel corso del Flash Crash del 6 Maggio 2010 verificatosi sul Dow Jones: in un primo momento gli HFTs hanno effettivamente fornito liquidità al mercato incrociando gli ordini di vendita dei fundamental sellers, salvo modificare la strategia dopo pochi minuti al fine di chiudere flat la propria giornata di contrattazioni, aggiungendo -in conseguenza- i propri ordini di vendita a quelli dei fundamental sellers, amplificando così la caduta dei prezzi; tale dinamica è proseguita sino a quando i fundamental buyers non sono intervenuti sul mercato immettendo ordini di acquisto che hanno bilanciato l’eccesso di ordini di vendita.

La citata circostanza deriverebbe dal fatto che, sia in momenti normali sia in momenti di tensione sul mercato, gli HFTs non sono disposti ad accumulare ampie posizioni in acquisto o in vendita e il tentativo di ribilanciare la propria posizione in momenti di stress determina una sottrazione di liquidità al mercato e un aumento della volatilità.

Trading on News (Momentum Trading)

Questa strategia è molto semplice da attuare e consiste nell'attivazione degli ordini di acquisto/vendita degli HFTs in considerazione dell'effetto che le notizie e i dati macroeconomici possono esercitare sull’andamento dei prezzi degli strumenti finanziari sfruttando, a proprio vantaggio, ciò che nella strategia precedentemente descritta rappresenta invece un rischio, vale a dire: l'aumento della volatilità, l'allargamento del bid-ask spread, la riduzione della liquidità. Il tutto ruota intorno alla possibilità di impiegare sistemi informatici in grado di “leggere” e “capire” le news macroeconomiche diffuse dai più importanti “data vendors”.

Ogni determinato tipo di news costituisce un pattern, dunque un segnale che andrà ad attivare strategie operative diverse in maniera del tutto automatica; non è strettamente necessario essere operatori a bassa latenza essendo sufficiente disporre di semplici algoritmi di negoziazione, pur risultando vero che la velocità degli Hfts consente di profittare al meglio delle condizioni di fast market connotate da strappi rialzisti/ribassisti.

Flash Trading

Il Flash Trading, realizzabile in presenza di Flash Orders, rappresenta una delle strategie più aggressive, controverse e discusse, tra quelle adottate dagli HFTs.

Non diversamente dalla strategia degli Arbitraggi di Latenza sopra descritti, il Flash Trading sfrutta i vantaggi della frammentazione dei mercati già descritta, nonché il desiderio degli HFTs di massimizzare la differenza tra la velocità della visione “privata” dei mercati loro offerta da alcune ECN e quella normalmente disponibile al pubblico: maggiore è il tempo di cui dispone un HFT per “vedere un ordine” di un investitore ordinario, maggiore è la possibilità di trarne vantaggi, essendo conseguentemente comprensibile quali interessi possano spingere i low latency traders (e le relative lobbies) a rallentare il percorso delle informazioni pubbliche e/o ad incrementare la velocità con cui riescono ad ottenerle in anteprima prendendo posizione in reazione oppure ad acquisire il vantaggio informativo, senza portare a compimento il trade con la controparte il cui ordine interessava solo con riguardo al contenuto operativo (vale a dire importo, size, oggetto, tipologia).

Affinché un HFT possa implementare la strategia del Flash Trading deve innanzitutto individuare un ECN disponibile ad offrire il servizio di creazione e visualizzazione dei flash orders, ovvero un servizio che consiste nell'offrire in prelazione alcuni ordini giunti sulla piattaforma e non eseguibili non essendo presente su quel mercato (o ECN), per quella data quantità richiesta in acquisto/vendita, il NBBO (National Best Bid or Offer) price. I brokers, come abbiamo visto sopra, sono obbligati ai sensi della Regulation National Market System a cercare il miglior prezzo presente sui mercati inoltrandovi l'ordine ricevuto; prima di inoltrarlo, però, può offrirlo in visione all' HFT che sottoscriva questo tipo di servizio, per una durata che si aggira sui 500 millisecondi.

Si tratta di un tempo veramente breve, ma sufficiente -per un HFT- ad elaborare i dati in input, testare i livelli di liquidità in quel momento presenti sul mercato, attivare le strategie algoritmiche considerate più idonee a usare l'ordine offerto per conseguire un profitto.

Vediamo con un esempio quale tipo di vantaggio riescano ad ottenere gli HFTs per effetto di un Flash Trading conseguente ad un Flash Order.

  • Ipotizziamo che un investitore “ordinario” inoltri un Buy Limit Order (quindi un Ordine di cui si chiede l'esecuzione solo quando il prezzo sia pari a quello inserito nella finestra della piattaforma oppure più basso) sul NYSE, per 1.000 azioni della società ALFA, ad un prezzo limite di 100,05 USD.
  • Sul NYSE sono presenti in vendita solo 100 azioni ad un prezzo pari a 100,00 USD che rappresenta il NBBO; il miglior prezzo successivo in vendita sul NYSE è pari a 100,04 USD (che non rappresenterebbe il successivo NBBO per l'ordine dell'investitore ordinario) per 10.000 azioni.
  • In questa situazione, il NYSE può permettere l’esecuzione dei primi 100 contratti al prezzo di 100,00 USD ed è costretto dalla regulation NMS ad inviare l’ordine relativo alle restanti 900 azioni (ancora non eseguite) al mercato su cui sia presente il NBBO; sul NASDAQ BX (oppure sul BATS o su DIRECT EDGE), ad esempio, sono presenti in vendita 900 azioni ad un prezzo pari a 100,03 USD, rappresentante il NBBO. • Prima di inviare le 900 azioni al Nasdaq BX, il NYSE crea un flash order per 900 azioni in vendita ad un prezzo di un singolo tick migliore di quello del Nasdaq BX, ad esempio 100,02 USD e lo “offre in prelazione” agli Hfts per un intervallo inferiore al secondo (dai 300 ai 500 millisecondi).
  • Un Hft vede l’ordine flash e si pone come controparte. L’Hft, cioè, si pone in vendita sul NYSE ad un prezzo pari a 100,02 USD; in questo modo l’ordine di acquisto viene eseguito completamente sul NYSE, ad un prezzo medio ponderato pari al NBBO. Cerchiamo di comprendere l'esito dell'operazione sia dal punto di vista della buy side (in questo caso l'investitore ordinario) che da quello della sell side (in questo caso l'HFT che si pone come controparte) che da quello del mercato interessato (NYSE) Il compratore, grazie alla presenza del flash order, consegue un risparmio. Infatti, ha pagato un prezzo minore di quanto avrebbe pagato in mancanza del servizio di flash trading, poiché il suo ordine si è così concluso: 100 a 100,00 USD + 900 a 100,02 USD per un totale di 100.018,00 USD . Senza il flash order l’acquirente avrebbe comprato 100 azioni a 100,00 USD e 900 azioni a 100,03 USD per un totale di 100.027,00 USD; il servizio, quindi, ha determinato un risparmio di $ 9 per l’acquirente: sembrano pochi, ma ovviamente se i volumi (quindi il numero di azioni acquistate) fossero stati più elevati (come normalmente accade) il risparmio sarebbe stato maggiore. Il venditore (quindi l' HFT) ha, invece, potuto trarre una serie più cospicua di vantaggi, che variano al variare della posizione assunta in partenza:
  • l’Hft è già long in azioni ALFA: il flash trading offre, la possibilità di chiudere la posizione ad un prezzo prima che tale prezzo diventi disponibile al resto del mercato. Nell’esempio di cui sopra l’Hft, tramite il flash order, viene informato della presenza di un ordine di acquisto di 900 azioni da poter sfruttare per chiudere la propria posizione lunga. Come noto, gli HFT chiudono la giornata di contrattazioni in posizione flat (cioé né lunga né corta su alcuno degli strumenti negoziati) ragion per cui risulta importante sfruttare ogni possibilità di chiudere con profitto le posizioni in essere.
  • L’Hft è flat: il flash order offre una possibilità di arbitraggio, in quanto l’Hft sa, per circa 300/500 millisecondi, che uno o più nuovi ordini sono stati inseriti sulla buy side del book di negoziazione. A questo punto cercherà, dapprima, di acquistare un quantitativo di azioni non superiore alle 900 del flash order, ad un prezzo inferiore al 100,02USD, scandagliando – alla velocità della luce- i books degli altri mercati, consapevole di poterle (con assoluta certezza nel limite temporale sopra indicato) poi rivendere in profitto a 100,02 USD.
  • L’Hft è short: il flash order rappresenta un vantaggio informativo, perché dice all'HFT: guarda che il mercato si sta muovendo long mentre tu sei short; affrettati a chiudere la tua posizione prima di finire in perdita.
  • L’Hft è presente con delle quantità in vendita su mercati su cui la sua offerta non rappresenta il NBBO: esso può elaborare l’informazione offerta dal flash order e nel caso in cui il mercato si muovesse rapidamente al rialzo, potrebbe decidere di cancellare (causando una serie di problemi che descriveremo in un post futuro) tutti gli ordini di vendita inseriti nei books degli altri mercati e/o ECN, evitando di restare corto in un mercato che va long per le azioni Alfa.

Appare evidente, come in ogni caso l'HFT consegua un vantaggio informativo della durata di 300/500 millisecondi, sfruttabile per tutti gli strumenti pluriquotati, per milioni di azioni tradate -dunque comprese, suddivise- in migliaia di piccoli ordini, che garantiscono profitti unitari minimi ma complessivamente molto consistenti. Anche il mercato interessato (NYSE) ha tratto dei vantaggi, poiché ha potuto negoziare 900 azioni che avrebbe invece dovuto trasferire alla piattaforma di negoziazione del mercato che garantiva il NBBO (ilNASDAQ BX nell’esempio).

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